Un paio di ore fa, nel mio feed di notizie mi è comparsa questo articolo di Artribune.com in cui si sponsorizza l’apertura di un nuovo progetto commerciale di un grande – forse il più grande – gruppo che opera nel settore del biologico. Dalla produzione fino alla vendita.
Dopo aver letto questo articolo ho iniziato a chiedermi cosa stessi leggendo.
Ossia, leggevo di un nuovo progetto di negozi biologici minimali e di design ma, con l’unghia, sotto il sottile strato delle luci al led e delle pareti bianche, cosa trovo?
Non lo so di preciso, scrivo questo post, che è anche poco in linea con il resto dei contenuti di questo blog perché vorrei capirlo insieme a voi, magari con una discussione sui commenti.
L’idea che sta alla base di questo progetto è quello di ridurre al minimo il packaging, che occupa un posto sul podio dei settori in cui si consuma più plastica usa e getta subito.
Poche confezioni, prodotti sfusi e scelte che possono sembrare di rottura, come le cassette di plastica durevoli invece che quelle in legno usa e getta.
L’idea di questi nuovi posti è quella di fare una bottega di vicinato, azzerare la distanza tra agricoltori e consumatori. C’è la dichiarata sbandierata volontà di ricreare una comunità di persone che lavorano per il bene del pianeta. C’è l’intenzione di fare della sostenibilità un concetto centrale, della sovranità alimentare una bandiera.
Ora, come questo progetto – lo dice anche l’articolo – ne esistono già altri in Italia, quindi la mia non è una discussione su QUESTO progetto specifico ma su QUESTO TIPO di progetti.
Vogliono davvero creare una comunità di consumatori consapevoli? Ovvio, principalmente vogliono vendere, ma nel farlo riescono a creare questa comunità?
C’è davvero un’avvicinamento tra la campagna e la città, tra chi produce e chi consuma?
Posti come questo riescono davvero a rinnovare l’immagine del mangiare sano?
Ne abbiamo bisogno?
Mangiare sano è un lusso?
Funziona davvero questo abbandono della retorica neo-rurale, delle estetiche in legno grezzo di bancali che non sono mai state originali, tradizionali, ma solo hipster o è solo una nuova patina radical chic?
I mercati locali, i mercatini del biologico, sono elementi superati perché poco elastici nelle modalità di fruizione?
Parliamone, se vi va.
Mi interessa perché comunque da produttore spesso mi interrogo – ci interroghiamo – su come sia meglio comunicare il lavoro che faccio e su come si possa, anche tramite le pratiche agricole e di allevamento delle api, contribuire con un piccolo tassello alla salvaguardia della biodiversità e del pianeta e questo non può non passare tramite la vendita dei prodotti.
Tuttavia c’è una linea che divide il genuino da ciò che non lo è. Dal reale e concreto alle sole operazioni di marketing.